venerdì, gennaio 08, 2016

Una sosta dalla signora dei testaroli

“Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini”.
(B. Chatwin)

E’ autunno, ma fuori fa ancora caldo. In tarda mattinata, la temperatura è oltre i trenta gradi. Nel seminterrato, in laboratorio, gli otto fornelli bruciano all’unisono. L’aria è densa come in allucinazione là sotto. La signora, corpulenta, ancheggia attorno ai fuochi. Sono grandi i fuochi. La signora cammina stancamente e a lungo per fare il giro attorno ai fornelli e ruotare al momento giusto ogni testarolo. E’ un pane semplice, il testarolo, di acqua e di farina. E’ dalla notte prima che la signora prepara senza sosta dei testaroli.
Si asciuga il sudore, poi toglie un pane dal fuoco, lo taglia a strisce e me lo allunga. “Prima sentilo così – mi dice – poi va fuori in giardino. Te lo porto fuori”.

Il giardino è intimo e appartato. Lenzuoli appesi proteggono dalla luce del sole. I due tavoli tondi restano all’ombra. Così come le sedie attorno e i mobili, disordinati, appoggiati al muro. La tovaglia è di carta. Non è un ristorante e non lo sembra.
“Sono con il pesto” mi dice la signora, posando il vassoio a fianco del mio piatto.
“Profumano di buono” dico sorridendo.
La signora si siede in una sedia vicino al muro e appoggia il gomito su un vecchio comodino. Suda ancora, è stanca.

“Perché fai questo lavoro?”, le chiedo.
“Perché l’ho fatto sa sempre. E quado la mia azienda è voluta diventare un’industria, io sono partita con il mio laboratorio. Volevo farli meglio, i testaroli”.
La signora prende una pausa, si schiarisce la voce e si rivolge a me.
“E tu perché viaggi, perché cammini?”.
Mi prendo un pausa anch’io.
“Credo ancora di avere ancora dei motivi per farlo”.