lunedì, novembre 02, 2015

Orizzonti. Incontri di strada, profezie ed eredità d'aula

Castello di Longiano
L’ultima è stata una festa a lume di candela. Pochi giorni fa, a ottobre. Nelle segrete di un castello romagnolo, donne birmane vestite di mille colori hanno cantato e danzato con una luce diffusa per indicare la strada al Buddha, che in quella notte sarebbe rientrato sulla terra dal paradiso. “Ci farebbe piacere se venissi anche tu” mi ha detto, Flora, la signora che parla anche italiano. Mi sono versato un poco di sangiovese e mi sono unito a loro.

Prima era stata la volta di Marcello, a Bologna. Marcello ha un alimentari vicino alla casa di una mia cara amica. Sui suoi banchi, le mortadelle sono numerate. Sono uniche così come il loro sapore. A metà ottobre, con Marcello in formato oste, ho condiviso quelle mortadelle con un piccolo gruppo americano. A fine serata, Marcello e una coppia che celebrava l’anniversario hanno danzato assieme un tango. Dai portici di via Farini il locale sembrava la cornice di una fiaba.

La settimana prima di partire per la via Emilia e gli Americani ero salito nel cuore delle Foreste Casentinesi. Di sera, con uno storico locale, avevo presentato la storia dei generali inglesi che, nel ’44, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, avevano attraversato la linea Gotica in fuga passando molti giorni e molte notti con gli abitanti del posto. Sorpresa fu quando gli amici danesi capirono che la proprietaria dell’agriturismo era figlia degli eroi di allora. Fu sorpresa, come poche settimane prima quando, a caccia di quella storia, una sorridente signora neozelandese aveva attraversato il mondo per arrivare fino alla Romagna. “Si può dormire a Strabatenza?” mi aveva chiesto nella sua prima mail. Ora ho una sua foto, mentre raccoglie le prugne sulle colline dove suo nonno aveva vissuto assieme ai partigiani più di mezzo secolo prima.

Di guerre, ne hanno vissute anche i giovani studenti dei Balcani che ho incontrato a settembre. Guidando loro, guidato da loro, sono entrato in un palazzo privato di cui mai avevo percepito l’immensità. Uno, due, tre giardini, sempre più grandi, sempre più belli.

Guardo con ottimismo questo concatenarsi di grandi lavori e di piccoli incontri. Nel giugno di un anno fa, quando ancora dovevo finire la mia tesi di master in Olanda, in viaggio sul treno da New York a Montreal, mi appuntai alcune note su quello che “volevo fare da grande”: “Deve essere qualcosa in cui apprendo, in cui il tempo dia forma al cambiamento. Qualcosa su cui intervenga io, direttamente, a monte, nella strategia. Qualcosa che abbia un forte valore per la comunità a cui si rivolge, ma che al contempo le ispiri flessibilità, ottimismo e contaminazione. Qualcosa che onori un luogo, ma senza venerarlo come centro”.

Pochi giorni, ho ripensato a questi incontri, a questa frase, ai tanti scritti che avevo studiato sulla mission e sull’importanza di rispettarla per essere felici e proseguire con successo sulla strada che ci è propria. Ho respirato una volta in più, ripercorso studi ed esperienze, e quando ho espirato, ho declinato una proposta di lavoro bella e ricca, ma che mi avrebbe strappato a tutto questo, assorbito completamente in altro.

Qualche anno fa cedetti a una simile tentazione. Ora, ripensando a tutto questo, mi sembra di aver studiato tanto per potervi resistere. E, anche se fino a fino a primavera, l’idea di una grande rete europea di storyteller resterà solo un’idea, io le resterò fedele, per rispetto a tutti gli amici europei che l’hanno abbracciata e per rispetto a me, che, probabilmente, mai mi sarei perdonato di averla abbandonata.

lunedì, agosto 03, 2015

Il Jogger della Montagna di Cet

MaremmaArrivo a Pitigliano nel cuore del pomeriggio. Il cartello indica l’ingresso dell’autostrada in direzione Orvieto. Ero arrivato due giorni prima proprio da quella direzione, quasi conosco la strada. Ma accosto lo stesso e nel navigatore inserisco destinazione Firenze. Il satellite cerca la mia posizione e la vocina mi suggerisce un’altra via. Allargo lo schermo e vedo un dedalo tortuoso che sale fino da Pitigliano fino a Chianciano. Sono solo, posso sbagliare e perdere un po’ di temo. Ignoro il cartello e seguo la vocina del navigatore.

Destra, sinistra e poi ancora destra. Senza il satellite lassù sopra, sarei già perso. Seguendo la sua vocina, imbocco strade provinciali dai nomi nobili ma dalla carreggiata sempre più angusta. Bivi che sembrano non finire mai. E, ai lati, terra, terra a non finire, giallo oro e nera, curata ma mai decorata. Campi fino all’orizzonte e in fondo all’orizzonte i monti. Percorro le pendici di intere colline glabre, solo poche querce a frastagliarne il profilo.

Ancora un bivio. Quasi non si vede. Questa volta la strada sale, molto. La vocina mi pronuncia un nome elfico: “Strada provinciale montagna di Cet”. Nel cartello, scolorito, leggo a fatica il nome intero: “Montagna di Cetona”. Continuo a salire. Il panorama si allarga, sempre più vasto, sempre più arido.

Quando la strada raggiunge il crinale, vedo sulla sinistra un uomo di mezza età che corre. E’ al bordo della strada. Mette un piede fuori dalla carreggiata e cade, scomposto. Striscia il gomito e urta la coscia. Rallento, lo affianco, abbasso il finestrino e, “Hai bisogno d’aiuto?”, gli chiedo. Lui non mi risponde, non mi lascia il tempo di scendere, né mi guarda. Recupera il suo lettore Mp3, si rialza e riparte.

Inizia a cadere qualche goccia. Segue un forte temporale, la temperatura scende, si capisce che non durerà però. Dal finestrino di sinistra non smette mai di entrare il sole. E da quello di destra, sotto le nuvole, affiorano i riflessi del lago Trasimeno. Laggiù è ancora estate.

Chianciano è ormai vicina. L’autostrada è ormai vicina. Viaggio da più di un’ora e il pomeriggio è quasi sera. Non prendo il caffè a quell’ora di solito, ma faccio un’eccezione. Dopo il Jogger della montagna di Cet, sogno una risposta alla mia domanda.

venerdì, luglio 24, 2015

A night at the sea

The coastline was wild and calm. The waves crashed on the beach silently. Dry woods stood on the sand. A green line of pine trees framed the horizon. The summer air was warm, thick and scented.
The day was over. I undressed my working suit, I took off my shoes and I walked up north following the water line. A wave sometime crawled under my feet. On the West, the sunset was coloring the sky, some isolated clouds floating on the sea. On the East, the blue was getting darker, water and horizon collapsing into a smooth line.

I walked by a rudimental raft. Woods and strings still looked strong enough. It seemed that someone wanted to sail. I wanted it as well. I pulled the raft to the water, leaving two straight traces on the sand. I looked around. Still no one there, no one in that world. I moved on into the sea, reclined myself on the raft and turned my head sideways. My eyes were at the water level, staring at that flat and never-ending surface.

Phone calls, deadlines, rumors disappeared, everything did. I felt blessed and I wandered if I was worth all of that. A whole forest, a whole beach, a whole sea all to me. I opened my arms and I lowered my hands to the water. It was so calm, so transparent, so smooth, so reassuring. My fingers got lost in that hug and so did I. I stopped wandering and I let my little body float in that picture.

Only few sweet thoughts popped up, gently, every now and again. I cuddled them, till silently they sailed away leaving me quiet.

lunedì, luglio 06, 2015

La recita, il voto e ciò che rimarrà

Ho passato quattro giorni a Roma per una selezione. Una piccola stanza d'albergo separava il gruppo di candidati dalla grande città. Lì dentro, abbiamo recitato, tante parti diverse, votando e ricevendo voti. Alcuni fallivano e uscivano, altri restavano. Percorso molto personale. Ecco alcune considerazioni in pillole che ne ho ricavato.


  • Ho dato silenziosamente del patacca a una persona che in realtà si è poi rivelata molto profonda. Lezione: smussare i giudizi e i pregiudizi.
  • Apparentemente, ho leadership a barili. Lezione: utilizzare con moderazione per evitare di prevaricare gli altri.
  • Se voglio,  so avere una calma zen. Lezione: cerca di volerlo che aiuta
  • e…con quattro persone appena conosciute, coinvolgerne una cinquantina in un flash mob a Piazza Trilussa… rimarrà.
Volendo, posso cambiare vita, una volta ancora.

venerdì, giugno 05, 2015

Colazione al bar. La prospettiva dell'uomo della notte

Sono più delle dieci del mattino quando alzo la cornetta.
Il telefono squilla qualche istante, poi arriva la risposta. Mi presento, chiedo se posso avere qualche dritta su cover band capaci di tenere una piazza. “So che tu, nel tuo locale, fai molte serate con le cover” gli dico.

Parliamo po’, scherziamo, butta lì qualche nome, ne commentiamo alcuni, infine arriva la scelta.
Gli chiedo i recapiti, lui apre la sua rubrica. Il file tarda a rispondere. “Il computer – mi dice – ha preso dal padrone. La mattina non va”.

Ridiamo. “Immagino che ti sarai andato a letto oltre le due ieri” gli domando.
“Restiamo aperti fino alle 4 tutti i giorni. Funziona sempre anche la cucina. Non andiamo mai a casa prima delle 6 alla fine”.
“Notte lunga”.
“Mi piace così. E’ l’ora giusta per arrivare a far colazione al bar. Dalle 7 in poi arrivano quelli dell’ufficio. E sono incazzati. Invece, la gente alle 5, 30, alle 6 ride. Ha finito, è rilassata. Mi piace fare l’alba così”.

domenica, maggio 31, 2015

L’Albana di Romagna, il tè verde dell’Asia e le simmetrie del mondo

Ogni tanto, quando a mezza notte lavoro ancora, mi chiedo perché non mi rassegni mai alla quiete. Ne avrei anche la possibilità, tra l’altro. Ho avuto modo di condividere questa domanda con molte persone negli ultimi due anni. Il quesito magari nascosto, tocca un po’ tutti.

Di recente, io ho iniziato a rispondermi in maniera metodica, compilando una piccola lista. In fondo un capricorno e mi dicono che i gelidi capricorni siano i maghi degli elenchi puntati. Nella lista, registro i momenti in cui il mio spettatore esterno si fa nuvoletta, esce a fianco a me, mi guarda e mi fa l’occhiolino felice. Ieri sera, ho aggiunto un’altra voce alla lista. Per caso, organizzando un piccolo dibattito, ho favorito l’incontro tra due appassionati di cultura ebraica. E così si è parlato a lungo con loro, mentre il sole scendeva e l’Albana luccicava nel calice.

Negli ultimi mesi, la lista si è popolata numerosa. Attraverso un amico olandese residente a Napoli ho conosciuto una splendida persona sarda residente a Milano. Insieme abbiamo poi condiviso alcuni contatti a Rotterdam. E poi ancora scoprire, chiacchierando, di prendere l’aperitivo con la stessa persona che di lì a poco mi avrebbero dovuto presentare. E ancora fare una piccola presentazione un bravissimo professionista bolognese, raggiunto attraverso un amico brasiliano. E, di più, vedere nello stesso giardino, eleganti signori romagnoli alternarsi in pista con donne olandesi e ragazze birmane. E la lista potrebbe continuare, in pochi mesi, fino a riempire due pagine.

Ieri sera, ho passeggiato dentro il nuovo auditorium di San Giacomo. Non sembrava neppure di essere a Forlì. Emozionante. Ora, ho appena finito di pranzare. Un delicato tortello romagnolo è stato anticipato da un antipasto birmano con legumi fritti e foglie di tè verde.

C’è un’elegante simmetria nel mondo. Solo che – ne sono ormai certo - per emergere ha bisogno di un po’ di caos. E magari anche di un’email scritta ormai nel cuore della notte. Questa, per ora, è la mia risposta.

sabato, marzo 14, 2015

Il valore del Cammino. Il Movimento Tellurico e l’esplorazione come unica attività a feedback sempre positivo

--> Imprenditori del cammino
Ciclo di conversazione sui valori personali, sociali ed economici dei costruttori di cammini.
Chiacchierata con Enrico Sgarella e Alberto Renzi di Movimento Tellurico.
 (Published by SKIN)



Logo Movimento Tellurico
Il cammino al sud piace lungo la direttiva est-ovest. Prima, il cinema ha portato alla ribalta la Basilicata Coast-to-Coast. Poi, nel 2012, il Movimento Tellurico ha manifestato il proprio impegno politico e civile per il governo del territorio con la lunga marcia dall’Aquila a Roma. C’era una città, l’Aquila, ferita dal terremoto del 2009. C’era una memoria da non perdere e al tempo rielaborare. C’era una ricostruzione che tardava ad avviare. La marcia, il cammino, sembrò una risposta per rimettere in sesto i rapporti umani crollati assieme agli edifici. Il Cammino sembrò la scelta giusta per il Movimento Tellurico, anche se che se l’anima del movimento, Enrico Sgarella, in realtà era uomo di mare, più da timone che da scarpone.
Parliamo con Enrico del Movimento Tellurico, in compagnia di Alberto Renzi che del movimento segue lo sviluppo delle azioni di marketing territoriale. Insieme, esploriamo in stile libero i valori personali, l’universo sociale e il rapporto con le strutture amministrative dei “partigiani della terra”. Così i tellurici si definiscono.

Dunque, la lunga marcia verso Roma. Perché siete arrivati al cammino per esprimere la vostra idea politica?
“Io sono un uomo di mare - esordisce Enrico – non avevo mai fatto cammini. Però nel 2012, mi sono trovato nell’urgenza politica di fare qualcosa per l’inerzia nella gestione dei danni del terremoto del 2009, per i danni che i ritardi stavano causando ai rapporti tra le persone. E le persone, da sempre, hanno organizzato la propria partecipazione politica in un corteo. Il Movimento Tellurico ha organizzato un corteo – circa 40 persone –, solo che questo corteo era fuori città e ci ha portato da attraversare trasversalmente l’Italia”.
“Il cammino faceva invece parte della mia infanzia – precisa Alberto -. Mio nonno, originario dei Sibillini, era protagonista della transumanza. Nel 2008 ho fatto il Cammino di Santiago e, successivamente, quando ho iniziato il mio percorso nel marketing territoriale e nella cooperazione, ho sposato il cammino in quanto esempio di pratica sostenibile”.

Ed è con l’intenzione di promuovere una pratica sostenibile che vi siete impegnati a partire dal 2012 per coinvolgere attivamente persone nelle marce del Movimento Tellurico?
“Il cammino – spiega Enrico – è un’esperienza pratica, invita all’agire. Camminando, volevamo mettere in moto le persone per avvicinarle alle comunità locali, alle associazioni, alle amministrazioni, così da avviare il passa-parola sul tema che a noi interessava: la prevenzione dei rischi ambientali. Siamo partiti nel 2012, per portare l’attenzione sui ritardi legati al terremoto del 2009, ma poi ci siamo detti che non occorreva aspettare il terremoto per camminare, per agire e per stare insieme. Così abbiamo dato continuità al nostro progetto, promuovendo altri cammini civili, per la festa della donna, per il 25 aprile, mescolando memoria e attualità. Per esempio, siamo andati alla ricerca delle targhe commemorative per ricordare come la gente ricordava. E con i cammini all’Aquila e poi a Modena abbiamo coinvolto persone attente alla tutela ambientale, con una visione ecologica, attente a non dimenticare la nostra storia. Il nostro motto è Deambulando solvitur”.
“Movimento Tellurico – continua Alberto – sta cercando di costruire un percorso stabile. Un cammino laico che attraversi e colleghi le piccole comunità. Siamo già in contatto con l’Associazione Borghi Autentici d’Italia e sicuramente ci sarà una sinergia per mettere loro a disposizione i nostri cammini e i nostri percorsi”.

Tracciando questi percorsi, che eredità intendete lasciare ai territori?
“Principalmente tre – risponde Alberto -. In primo luogo, la memoria, per evitare che le ferite del terremoto rimangano aperte in un sistema di negazione. Poi la sicurezza. Con la nostra azione, per esempio, abbiamo ottenuto la detraibilità delle spese edilizie pergli interventi di messa in sicurezza antisismica. Infine, il turismo, nel senso che stimolando il passaggio delle persone, pensiamo di contribuire alla ricostruzione del tessuto sociale”.

Non temete che queste promesse, specie l’ultima sul turismo, possa risolversi negativamente, così come le promesse di crescita economica disattese legate all’introduzione di molte aree protette?
“Sai – riflette Enrico – l’Abruzzo non è una terra semplice. La nostra vuole essere un’azione di sensibilizzazione. E quest’opera è più facile nelle piccole comunità dove riesci a incontrare l’amministrazione e le persone. Pensiamo a piccoli passi, come l’apertura di un albergo diffuso. Speriamo che i nostri interventi siamo come le ife dei funghi e che poi si propaghino”.

Per quali vie si propagano queste ife? Come le persone si legano a voi?
“I casi sono due – prosegue Enrico -. Da un lato, c’è un coinvolgimento diretto delle persone che lavorano con noi. E’ come un percorso di formazione. Beviamo in compagnia per trovarci la sera assieme a discutere e seminare amicizia. Credo sia un fenomeno simile a molte attività di volontariato. Dall’altro, c’è il coinvolgimento indiretto dei nostri eventi. Il cammino favorisce un approccio reciproco con la cittadinanza e poi genera un evento che crea attenzione”.

Pensate che l’attenzione che questi eventi generano sia sostenibile?
“Facciamo molta attenzione alla continuità e alla sostenibilità – prende la parola Alberto -. L’INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – e la Protezione Civile hanno dato delle linee guida per la prevenzione del rischio. Noi ora cerchiamo di arrivare alla definizione di 10 passi e lavorare con le amministrazioni affinché si impegnino ad adottarne almeno uno. Le prossime marce potrebbero essere così cammini di monitoraggio delle azioni intraprese a seguito della prima lunga marcia verso Roma”.
“Comunque – aggiunge Enrico – resta l’amicizia tra i membri dell’associazione. Eravamo sconosciuti e ora ci ritroviamo regolarmente. Le persone che incontri e re-incontri, l’arricchimento reciproco. Ogni uomo è un esploratore e noi stimoliamo l’esplorazione che è l’unica attività umana a feedback sempre positivo, qualsiasi ne sia l'esito. E, quando l’esplorazione avviene a piedi è supportata anche dall’estetica della relazione. Camminare fianco a fianco riduce il contatto visivo e, assieme alla bellezza del paesaggio, favorisce un rapporto più intimo tra le persone. I nostri insomma sono sopralluoghi partecipati che creano relazione: mangiare insieme, camminare insieme”.

Allargare la partecipazione, impegnarsi in azioni amministrative. Come pensate che possano co-esistere queste due sfere: l’informalità, l’amicizia, i rapporti fluidi, da un lato, e le procedure amministrative e quelle organizzative, dall’altro?
“Il Movimento Tellurico – risponde Alberto – ha una sua forma progettuale. Partecipiamo a bandi, accediamo a finanziamenti, gestiamo rapporti con i sindaci, stringiamo patti di amicizia con altre associazioni. Per noi, però, è fondamentale che l’azione prosegua a prescindere dal bando o dal finanziamento”.
“E poi – aggiunge Enrico, filosofico – noi non vogliamo contribuire al PIL. Come diceva Kennedy, crediamo che il PIL contenga tutto salvo le cose per cui vale la pena vivere”.

E al di fuori del PIL, il Movimento Tellurico che mondo vuole costruire?
“Io – conclude Enrico – vorrei che ci fosse una connessione più stretta tra le persone e la struttura che ci contiene. Un rapporto più stretto tra mente e natura e anche un contatto diretto con la natura perché credo che l’unica conoscenza vera sia quella che ti arriva attraverso l’esperienza. Per questo a un giovane ragazzo che deve prendere delle scelte, direi di fare un giro in barca e uno a piedi. E’ lì che possono nascere buone idee, qualcosa di veramente tuo".

giovedì, marzo 12, 2015

Il valore del Cammino. Darinka Montico e la storia come dono

--> Imprenditori del cammino
Ciclo di conversazioni per scoprire i valori personali, sociali ed economici
dei costruttori di cammini.
(Published by SKIN)


Dal 2004, anno del diploma di laurea in fotografia a Londra, Darinka Montiko, originaria di Baveno, sul lago Maggiore, ha viaggiato molto. Adattandosi al mondo. In Nuova Zelanda è stata una spogliarellista, in Laos un insegnante di inglese, da qualche parte è finita anche per gestire un ristorante.
A Londra, in un casinò, massaggiava le teste dei giocatori di poker. Una notte, uno di questi sembrava più agitato del solito. Darinka cercò un orologio per capire che ore fossero, ma nei casinò il passaggio del tempo si deve mascherare. Non c’erano orologi. Il disagio del giocatore cresceva. Quello di Darinka anche. “Sorry, I quit, I need to go for a walk”, “Scusa, me ne esco un attimo, ho bisogno di fare una passeggiata” disse al giocatore.
Si licenziò e seguì il messaggio che ogni volta leggeva nelle scarpe in dotazione al lavoro: “Go walk”, “Cammina”. Camminò fino a casa, prese l’aereo per l’Italia, raccolse qualche dritta con il camminatore per eccellenza, Riccardo Carnovalini, e disse alla famiglia che partiva per Palermo e che sarebbe tornata a casa a piedi. “Domani piove” dissero i genitori assecondando la figlia come i folli.  Ma nonostante il brutto tempo, Darinka partì, senza soldi, con l’idea di raccogliere i sogni delle persone incontrate.
Prese il via così Walkaboutitalia di Darinka Mantico. 2910 chilometri, sette mesi e dieci giorni di cammino più tardi, in diretta via skype da Pretoria, Sud Africa, dove scrive il suo primo libro, raggiungiamo Darinka. Io con un caffè ancora caldo, lei con una crostata in preparazione, ritorniamo sui passi di Walkaboutitalia.


Che cosa cercavi quando sei partita per Palermo?
“Da troppo mi adattavo al mondo. Per una volta, ho pensato che il mondo si dovesse adattare a me. Quando sono uscita dal casinò, ho camminato per alcuni chilometri nella notte fino a casa. In quel tragitto, ho pensato alla frase di Jep Gambardella ne La Grande Bellezza: “La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”. Ho pensato di non dover aspettare altri 30 anni per arrivare alla stessa conclusione.
Così sono ritornata ai miei sogni di bambina. La fotografia, il viaggio, la scrittura. E poi la raccolta dei sogni. Mi piaceva l’idea di essere come Atreiu ne La Storia Infinita, un baluardo contro l’avanzata del nulla. Quando ho parlato con Riccardo Carnovalini, ho trovato il coraggio per pensare che tutto ciò fosse possibile. Così ho aperto un blog, preso uno zaino, scelto le scarpe e sono partita. Senza soldi. Un po’ perché era romantica l’idea, un po’ perché proprio non ne avevo.
Sul percorso ho trovato un sindaco marpione, qualche convento non troppo ospitale e qualche carabiniere troppo solerte sui pericoli della strada, ma per il resto ho attraversato l’Italia per scoprire un potenziale umano stupendo”. 

E a questo “potenziale umano stupendo”, quale eredità volevi lasciare con il tuo passaggio?
“Fondamentalmente, un messaggio di speranza. Io, una qualunque come loro, potevo seguire il mio sogno. Sul blog di Repubblica, qualcuno mi ha criticata, chiedendosi, senza soldi, in che modo riuscivo a mangiare, visitare i musei, dormire. Ma in tanti hanno raccolto il messaggio. In Toscana, una persona mi ha regalato una torcia, dicendomi che il mio passaggio aveva riacceso la sua speranza. Qualcuno so che ha cambiato lavoro. Spero sia andata bene”. 

Chi sono le persone che hanno raccolto il tuo invito e hanno supportato concretamente il tuo percorso?
“Sconosciuti. Avevo vissuto a lungo all’estero non avevo più contatti in Italia. Ho seguito il caso. Coach Surfing, mail alle Proloco, Facebook, gruppi culturali, passa-parola per la strada, come a Corleone, dove ho dormito gratuitamente in un B&B aiutando il proprietario ad aggiornare le foto del sito. Sulla strada ho poi raccolto gli articoli che uscivano sul mio percorso e questo mi ha aiutato a trovare nuovi contatti. Fino a quando mi hanno intervistata a Radio DJ, le visite al blog si sono impennate e ho avuto decine di persone che si candidavano a ospitarmi”. 

A loro cosa donavi in cambio?
“A volte una pesca rubata lungo il percorso, a volte un sorriso, più spesso una storia. Fondamentalmente, la mia storia. Alcuni l’avrebbero voluta vivere. Altri amavano il viaggio e volevano avere a casa loro persone con gli occhi sul mondo. Sì, era questo che ho dato in cambio, una storia. Per esempio, una famiglia mi ha fatto parlare tutta la sera con i bambini, perché volevano che l’anno successivo loro facessero qualcosa di simile”. 

E nella tua storia cos’era più coinvolgente di altre storie?
“L’autenticità, credo. Un utente di Coach Surfing non credeva alla mia storia, al fatto che stessi percorrendo l’Italia a piedi senza un soldo. Quando ha capito che era vero, mi ha aperto la porta, abbiamo parlato a lungo, siamo diventati amici, lo siamo ancora”. 

Credi che questa autenticità possa sopravvivere se di questa scelta ne fai un “lavoro”?
“Ora sto scrivendo il libro su Walkabaoutitaly e in estate e in autunno sarò in giro per l’Italia, di nuovo, con una bicicletta di bambù a presentarlo. Poi non lo so. Conosco amici blogger che consigliano le strutture in cui alloggiano e ricevono una percentuale sulle prenotazioni.  Ma questo richiede una serie di filtri che io non riesco ad avere. Ho anche parlato male di una visita guidata che ho fatto, perché il marinaio aveva gettato una sigaretta in mare.
In futuro, mi piacerebbe fare il giro del mondo in bicicletta o camminare in Bolivia a sostegno di un progetto per l'infanzia curato da un amico.
Seguirò il flusso. Se non hai piani, non puoi sbagliarti”.

lunedì, febbraio 23, 2015

Il valore del Cammino. Luca Gianotti e il cammino come Yoga Occidentale

--> "Imprenditori del cammino"
Ciclo di conversazioni per scoprire i valori personali, sociali ed economici 
dei costruttori di cammini.
(Published by SKIN)

Luca Gianotti ha fondato la Boscaglia prima e La Compagnia dei Cammini in seguito. Imprenditore del cammino e ideatore delle pratiche di “cammino profondo”, con Luca riflettiamo sul valore del camminare, personale e sociale, ripercorrendo la storia sociale recente del cammino. Questa storia ha tre tappe principali. L’ascesa del Club Alpino italiano e il cammino, tecnico e veloce, per conquistare rapidi le vette. Gli anni Ottanta, la rivista Airone e il cammino come strumento per l’appropriazione del paesaggio. Sono gli anni di Riccardo Carnovalini e Stefano Ardito.  E poi Santiago e l’emergere dei cammini come momento di lavoro interiore.
Luca non ha un ruolo da protagonista in questi passaggi che ricollocano il cammino da pratica turistica a pratica culturale. Però nel 1993 l’allora funzionario alla cultura del Comune di Scandiano comincia a coltivare l’idea di trasformare la passione per il cammino in un lavoro. Nel 1994 fonda Boscaglia. Quando l’associazione soffre per eccesso di crescita, è la volta della Compagnia dei Cammini, associazione che proprio in questi giorni saluta anche l’arrivo di una casa editrice.

Via Skype dall’Abruzzo, raggiungiamo Luca. Partiamo dal valore del cammino.  

Quale valore ha per te il cammino, Luca, perché scegliesti il cammino?
“Io stavo bene. Quando camminavo, mi si metteva tutto in ordine.  Sono partito da lì. Il cammino svolge un ruolo molto importante in diverse culture del mondo. Io penso che possa svolgere una funzione utile per acquisire consapevolezza anche nella nostra cultura. Un orientale si siede e medita. Noi occidentali, invece, siamo irrequieti. Il cammino aiuta a gestire questa irrequietezza e a darci lo spazio per meditare”.

E come arrivasti dal piacere personale all’impegno professionale?
“Da un uomo dedito alla cultura – ero funzionario al comune di Scandiano – sono passato alla natura. Sono stato ambientalista in prima battuta. Allora, essere attivi significava essere ambientalisti. Ho militato in Green Peace, nei Verdi, quando ancora erano un movimento, e ho conosciuto Alexander Langer. E’ grazie a lui che ho fatto il mio primo viaggio a piedi. In Albania.  Alexander era un politico con il culto del prossimo e fu scelto, in quanto non di primo piano, come ambasciatore di pace con l’Albania. Era il 1993 e io collaborai con per individuare contatti affidabili per un progetto di turismo sostenibile in Albania.  Eravamo a contatto diretto con il Primo Ministro e con noi, nel viaggio, c’erano personaggi di primo piano, curiosi di vedere una nazione a lungo rimasta chiusa. Ricordo per esempio nel gruppo il fotografo Uliano Lucas”.

Da quel primo percorso in cammino al ruolo di oggi, di propulsore della cultura del cammino. Cos’è che lega le persone al cammino?
“La gente ha bisogno di mettersi in cammino perché ha bisogno di mettersi in gioco. Ti cito la riflessione di Wu Ming nella mia ultima newsletter. Secondo Wu Ming, il giorno in cui si smette di essere turisti non si torna più indietro. E camminare è l’unico mezzo di locomozione che ti permette di girarti a 360 gradi e attraversare la strada per parlare con l’uomo fuori dall’uscio di casa. 
Le persone che camminano con noi si aprono all’imprevisto e all’emozione. Cerchiamo di regalare loro un’epifania. Considerata la percentuale di persone che ritornano, direi che si affezionano al modo di andare che presentiamo loro, senza mai scendere a compromessi. Facciamo spegnere i cellulari e scegliamo strutture che magari sono più scomode di altre, ma favoriscono l’incontro e la condivisione di un racconto”.

Come concili – per concludere – questo livello di condivisione di scambio con l’acquisto di un viaggio, con il momento della transazione economica?
“Comprendendo l’esperienza. Costruiamo molto di più di un servizio tal quale. Aderendo all’Associazione Compagnia dei Cammini, si aderisce a un progetto più ampio. Siamo impegnati in un processo di cambiamento a 360 gradi. Abbiamo gruppi di acquisto solidali e, ogni autunno, percorriamo un cammino di relazione – l’anno scorso lungo la Via Romea, quest’anno in Sicilia – per metterci in contatto con il territorio, conoscere i suoi luoghi e le sue genti. Queste iniziative sono potenti strumenti di conoscenza. Alla fine dell’anno ho camminato nelle terre marsicane con un itinerario concentrico per toccare i luoghi del terremoto. Abito in questa terra da anni, ma è solo con questo cammino che penso di averla conosciuta davvero. Ecco, con questi cammini, con queste iniziative che vanno oltre il servizio, ci vogliamo proporre come un’avanguardia culturale”.

domenica, febbraio 22, 2015

Elenchi: la settimana perfetta

Post-it
Scrivo troppo in questi giorni per lasciare fiorire un racconto. Però annoto, giorno dopo giorno, ora dopo ora quello che faccio e quello che devo fare. E’ un modo per conoscersi e fare mente locale su ciò che piace e ciò che invece innervosisce.

Nascono così varie liste. Ne condivido una che riassume un po’ l’ultima settimana. In prima linea, sempre in gioco, ma mai nervoso. E in mezzo, tanta varietà.
C'è ancora da lavorare ma è un buon punto di partenza. In breve:
  • funzionario, studio procedure di affidamento in concessione di servizi su base pluriennale.
  • progettista europeo, al lavoro su un’idea affascinante da inserire nel bando europa per i cittadini che coltivo con tenacia ed entusiasmo
  • giornalista, impegnato a raccogliere il racconto dei costruttori di cammino
  • guida escursionistica, sempre con un’attenzione particolare alla dimensione del racconto e agli echi narrativi del territorio
In mezzo a tutto ciò, un bombardino a metà mattina, in buona compagnia, prima di un pellegrinaggio a un faggio secolare, non ha prezzo.

lunedì, gennaio 26, 2015

Amsterdam viaggio 1. Highlights

Citazione del viaggio (sottolineata in volo sulle Alpi):
“Pensai che il vero nemico di questa gente non era il potere del governo ma la loro mancanza di immaginazione”.
(M. Haruki – Norwegian Wood)


  • Riunione a 4. 4 persone di 4 nazioni diverse. Parlavamo in una quinta lingua, straniera per tutti. Oggetto: piano per organizzazione di paese sesto. Obiettivo di lungo periodo: partnership tra paesi sesto e altri paesi settimi. Mi sembra un buon inizio.
  • Sono riuscito a non sentire la sveglia e perdere un appuntamento. Voglio i soldi per la prossima pubblicità dell'Amaro Lucano
  • Spazio di lavoro collaborativo. Giorno uno. Pc, birra e prosecco. Di solito le cose che cominciano con un aperitivo godereccio sono le migliori.
  • Ho guardato un film iraniano in lingua originale con sottotitoli in olandese. Non parlo né iraniano né olandese. Grande fotografia e colonna sonora da urlo comunque.
  • Festa dell'International Film Festival allo Schouwburg di Rotterdam. Ho salutato più persone che a Rocca, San Piero o Bologna. Feels like home :-)
  • Arrivato a Bologna. Porto a casa in regalo un dono tutto mio e super personale. Mi sembra u ottima conclusione.

giovedì, gennaio 01, 2015

Buon 2015, appoggiato a una "S" / Happy 2015, based on a "S"

 ---> Italiano in apertura / English follows <-- b=""> 

--> Italiano

Carissimi,

vi mando gli auguri per il nuovo anno. Ve li mando appoggiandoli a una lettera, la “S”. E' la lettera giusta per salutare il 2014 e dare il benvenuto al 2015. E' una storia “personale”, ma con tanti grazie vicini e lontani a chi direttamente e indirettamente ha reso possibile la mia avventura, talvolta sobbarcandosi noie personali aggiuntive.

Il 2014 è stato un anno Super. Lo potrei raccontare sotto molti punti di vista. Il più simpatico di questi mi sembra l'elenco dei luoghi toccati per conferenze, articoli, camminate. Grandi e piccoli sapientemente mixati.
New York, Stazzema, Montréal, Nicosia, Riga, Hoogezand, Bergen, Galati Mamertino, Amsterdam, Taormina, Flam, Dordrecht, San Bartolo, Anversa, l'Aia, Roma, Salsomaggiore, Oslo, Mazzin, Milano, Delft, Pesaro, Eindhoven, Firenze, Utrecht, Goteborg, Breda, Harlem e Aci Trezza. E poi tutti i quartieri di Rotterdam e i paesi e i sentieri di Romagna e Toscana, ma qui dovrei elencare vie, case e rovine. Troppo lungo. Meglio puntare gli occhi al futuro.

La “S” va bene anche per il 2015. “S” è l'iniziale della simpatica attività che contribuirò a far nascere ad Amsterdam tra 22 giorni esatti. Sarà un modo per contaminare maggiormente il mio impegno nella cultura con una maggiore impronta internazionale, così da seguire il mio fascino per il mondo e la sua diversità. Come compagna di avventura avrò una ragazza che arriva dalla Spagna. Ecco allora che la “S” ritorna una volta ancora.

Per il resto, fate voi, scegliete la vostra “S”. “S” può stare per serietà e sobrietà, ma non mi sembra che queste parole diano i risultati attesi. Dunque, vi auguro che nel 2015 “S” stia per un po' di “sorriso” e una ventata di “stranezza”. Divertitevi e po' e, come direbbe Verdone, fatelo strano ;-)

Un abbraccio e buon anno,
Silvio

---> English

Hello everybody,

here my greetings for the new year. They will join you through the story of a letter, the “S”. Indeed, the “S” is the right letter to say bye to 2014 and welcome 2015. It is a personal story, but it is addressed to all the people that directly or indirectly made my adventure possible, sometime suffering extra personal troubles.

2014 was a Super year. I could talk about 2014 from many perspectives. The funniest one, I believe, is the list of the places that I came to visit for conferences, news making, long walks. Large cities and remote villages are perfectly balances.
New York, Stazzema, Montréal, Nicosia, Riga, Hoogezand, Bergen, Galati Mamertino, Amsterdam, Taormina, Flam, Dordrecht, San Bartolo, Anversa, l'Aia, Roma, Salsomaggiore, Oslo, Mazzin, Milano, Delft, Pesaro, Eindhoven, Firenze, Utrecht, Goteborg, Breda, Harlem and Aci Trezza. I should then list all the Rotterdam suburbs and towns and pathways of regions Italy and Tuscany, but  I should include streets, homes and ruins. Too much. Better move on to the next year.

The “S” suits 2015 as well. “S” is the first letter of the little company I am contributing to start up in Amsterdam. The company will be officially established in 22 days from now. It will be a way to add to my engagement with arts an culture a stronger international focus, therefore following my charm for the world and its diversity. As a business partner, I will have a Spanish friend from Bilbao. As you see, “S” matters once again.

That's it. Beyond this, feel free to make your own “S”. “S” could stand for sobriety and seriousness, but this attitude does not seem to bring too many positive impacts on people. Therefore, I wish you that in 2015 “S” will mean “smile” and “strangeness”. Have fun and, as the Italian movie director Carlo Verdone would say, “fatelo strano”, “make it weird”!

Happy new year and hugs everybody!

Silvio