venerdì, agosto 30, 2013

Rotterdam: 4 km più a nord, 4 km più a sud

Periferia nord di Rotterdam. Simpatiche casette circondate dal verde si intervallano a strade e canali. Poco più lontano il fiume Rot che sale con morbide anse fino ad Amsterdam. Una barca parcheggiata tra le auto, una bicicletta che segue l'altra, qualcuno che passeggia verso la fermata della metropolitana.

Resto in casa da solo nel mio nuovo quartiere, suona il campanello e scendo ad aprire la porta.
“Buona sera, sono venuta a recuperare i ragazzi”, dice una sorridente madre, donna ancora giovane.
“Dalla vacanza in Thailandia, suppongo – rispondo con altrettanta normalità - ma Ako non è qui: ha portato tutti dalla nonna. Vuoi entrare per aspettarli?”.
Sembra che ci si conosca da anni. In realtà non ci si è mai visti. Sono in Olanda da pochi istanti e la porta che apro e quella di Ako e della sua famiglia di origini camerunesi, rivisitata da un divorzio. Una piccola fetta della loro casa sarà la mia fino a quando prenderò possesso della mia vera casetta, a pochi passi di distanza.
“E' la prima volta che sperimentiamo questa soluzione – dice Charles, il mio futuro padrone di casa – Prima tenevano molto alla loro privacy. Ora con questa crisi bisogna arrangiarsi come si può: banche, assicurazioni ci tengono tutti come pupazzi, regole, regole, regole, non si riesce più a lavorare”.

Quattro chilometri più a sud, le piccole vicissitudini quotidiane lasciano spazio alle grandi aspettative. Le torri dell'Erasmus School si alzano al cielo, lungo la mosa, a est del centro. Un piccolo gruppo di giovanissimi olandesi e un più nutrito e maturo gruppo dal mondo – Colombia, Brasile, Cina, Germania, Francia – riempie i pochi metri quadri della propria stanza in affitto di grandi sogni per il domani.

Io, pragmatico, vi aggiungo i miei progetti.

martedì, agosto 20, 2013

Altare del Cimitero di Pietrapazza

"Guardò con una fitta al cuore le vicine sagome di Ca'dei Maestri e Ca'di Giorgio che si profilavano salde, più nere della notte che risaliva veloce dal quieto scorrere del Bidente: non le abitava più nessuno,come nessuno abitava più Abetaccia, Rignone, S,Giavolo, Ca'dei Conti, Ca'di Michelone..."
(tratto da "L'ultimo grido nella valle" di Giuliano Marcuccini, in Il Popolo di Pietrapazza)

Cimitero di Pietrapazza

sabato, agosto 17, 2013

La lista

E sono oltre due mesi. Due mesi dall'ultima seduta alla tastiera. Molte parole da allora sono state imbastite ma sempre con uno scopo: un comunicato, un progetto, una prenotazione, una delucidazione. Sono stati i giorni della lista, del “to do”, come dicono gli amricani. Al mattino, mettevo giù la lista per completare tutti gli adempimenti lavorativi. Al pomeriggio, mettevo giù la lista per non perdere nessuna delle scadenze per arrivare fino lassù a Rotterdam: la raccolta delle informazioni, l'application, il test di inglese, i permessi dal lavoro, la borsa di studio. Più che una lista un albero: un nodo, sotto a lui alcuni altri, sotto a questi altri ancora. Respiro corto, per mantenere la tensione alta e non lasciare scappare nulla, nulla di fondamentale almeno. Perché quello è il primo punto con cui fare i conti per davvero. I punti sono tanti, troppi, non si può pretendere di coltivare ognuno di loro alla perfezione. Alcuni li devi abbandonare coscientemente, accettare che non potrai raggiungere il massimo a cui ambivi e convivere con le imperfezioni che ne derivano. Pena il non cambiare mai. Se si attende che tutto sia favorevole e perfetto, non ci si alzerà mai per fare il primo passo. Solo nelle storie che si raccontano alla fine c'è ordine e consecutio. Prima ci sono più spesso punti di domanda e caos.

Due mesi di liste, di respiro corto, di compromessi e di saggezza forzata non sono due mesi fertili per la poesia di un racconto o di una foto. L'unica storia che potevo ascoltare era la mia. Finiva tutta lì, tutta per me, l'empatia che serve per far entrare le avventure di un'altra persona o le forme di un paesaggio. Come può ascoltare veramente una persona quando scorre le proprie azioni come fosse un computer: in ordine, veloci, riordinando in fretta le opzioni, uno-due, senza sosta?

Di solito ordino quando scrivo. Prendo le idee, le attacco in disordine sul foglio come post-it su una scrivania. Poi li raggruppo in “scatole”, metto in fila i contenitori ed ecco che un testo sta per nascere. Basta aggiungere qualche parola, una congiunzione, pesare l'aggettivo e, se occorre, variare il ritmo con qualche dialogo. In questi due mesi, non ho mai scritto, perché già la vita era ordinata come una storia: post-it, scatole, ordine.

Non è né la prima, né, credo, sarà l'ultima fase “lista” della mia vita. E' un po' una via d'uscita obbligata per tutti gli “uomini di buona volontà” ai periodi in cui ci sono dieci attività da portare a compimento all'unisono o ce n'è una che assume un peso speciale e a lei si piega tutto il resto.

Ha un suo fascino irresistibile e irrinunciabile la fase lista. Molti grandi risultati, ne sono convinto, sono posti su pianerottoli alla fine di una lista. Corpo e mente raccolti per un unico scopo, senza distrazioni e senza sconti, al riparo dai turbamenti. Ma è anche una torre che a volte si eleva lasciando a sui piedi qualche maceria, tanta incuria, qualche rimpianto per i sentieri non percorsi e cambiamenti non sempre facili da prevedere.

E' ancora tempo di salire e, dopo una piccola pausa, rimettersi a fare liste e seguirle a denti stretti. Poi spero di aprire le porte e far salire su a godere il panorama tutti coloro che con pazienza hanno sopportato la dimenticanza. E per loro conservare quel sorriso che echeggia più spesso di altri, ma che per rimanere tale ha sempre smania di nuove stanze e nuovi torri e prima di loro, inevitabilmente, di nuove liste.