domenica, ottobre 14, 2007

Il soldato brasiliano che morì sulla via del ricordo

Il ritmo di samba non pulsava più nelle vene. Il respiro del soldato brasiliano, macchiato di sangue e fango, seguiva il suono interno e tambureggiante della paura. Attorno a lui c’erano solo simboli di una geografia ignota: querce e carpini spogli per l’inverno, ripidi crinali calanchivi, masi diroccati dai bombardamenti. Non c’era nulla che parlasse di casa, di spiagge e di foreste tropicali. Non c’era nulla che aiutasse il soldato a rispondere alle sue domande. Dentro di lui, gli interrogativi si intrecciavano convulsi, nella foga di una morte che poteva arrivare assieme al sibilo dello sparo successivo. Cosa ci faceva lui tra i boschi di Semelano? Cosa c’entravano lui e i suoi amici dalla pelle creola con i Tedeschi che avevano invaso l’Appennino emiliano e con gli Italiani che avevano cambiato bandiera una volta ancora? Perché ora erano lì in prima linea tra le fila dell’esercito alleato? Gli ordini iniziali erano diversi: loro, i brasiliani, sarebbero dovuti rimanere fermi nelle seconde linee, solo con responsabilità di appoggio. E invece erano lì alla ricerca del faccia a faccia col nemico a pochi di chilometri da Zocca.

Quando l’adrenalina della paura dava una tregua, la mente del soldato brasiliano cercava di tornare a ragionare come se di fronte avesse un futuro certo, o almeno probabile come quello di un uomo giovane e sano. Il militare latino si chiedeva allora se mai, una volta finita la guerra, avrebbe potuto amare quel luogo e quella gente. Si chiedeva se mai avrebbe avuto la capacità di ridere, ballare e mangiare al tavolo di quei contadini sconosciuti per la cui libertà stava rischiando la vita. Da uomo, si chiedeva, avrebbe avuto ancora qualcosa da spartire con quelle montagne lontane su cui il suo pazzo destino da soldato l’aveva spedito?

Sessant’anni dopo quel soldato brasiliano, ormai solo un vecchio reduce, entrò nell’aeroporto di Rio per cercare le risposte alle sue domande di guerra. Dopo otto ore, o giusto qualcosa in più, avrebbe infine rimesso piede in Europa, a Semelano, per commemorare le proprie gesta di oltre mezzo secolo prima. Finalmente avrebbe saputo se c’era ancora un legame tra lui e loro, tra lui e gli Emiliani.

Poche ore dopo, a dodicimila metri di altezza sulle acque dell’Atlantico, il cuore del soldato brasiliano si fermò. Morì sulla via del ricordo, pochi istanti prima di raggiungerlo.

venerdì, ottobre 12, 2007

Anche le macchine, a volte, non sanno cosa dire

Dal manuale Uso manutenzione, sicurezza di Opel Meriva (edizione agosto 2006):

"Spia controllo motore"

"L'accendersi della spia durante la marcia indica un guasto al motore o al cambio elettronico. In tal caso il sistema elettronico inserisce un programma di emergenza che può aumentare il consumo di carburante e pregiudicare le condizioni della vettura.

Qualche volta spegnere e riaccendere il motore può eliminare il guasto. Se, a motore avviato, la spia si illumina nuovamente, rivolgersi a un'officina (...).

Un breve e non ripetuto accendersi della spia luminosa controllo motore è priva di significato".

lunedì, ottobre 08, 2007

A piedi tra i banchi di scuola

Si vede che la casa di Castel dell’Alpe è figlia di un progetto antico, retrodatabile al 1200. Le finestre interrompono la parete disponendosi lungo una diagonale, perché dentro ogni stanza è su un piano diverso. Attorno alla casa, però, non si vedono più gli indizi delle fortificazioni che avevano dato il nome al luogo. All’imbocco della strada, lungo la statale dei Tre Faggi, i cartelli – pannelli bianchi verdi con cornice di legno - parlano ancora dei ruderi della vecchia rocca e della vecchia botte. “Ma non è mica vero niente” ci ha detto la signora che abita lì da cinquantacinque anni. “Non so cosa faccia il comune: qui è crollato tutto nel seicento”.

E’ stata un po’ una delusione dopo la strada fatta per arrivare fin lì. Ma a volte il vuoto del luogo può lasciare più spazio alle voci delle persone che lo percorrono. Come riflette il sociologo francese David Le Breton, in un saggio dedicato al cammino (Il mondo a piedi, Feltrinelli), “si cammina anche per scrivere, raccontare, cogliere delle immagini, cullarsi in dolci illusioni, accumulare ricordi e progetti”. Sulle pendici del Monte Tiravento, nel crinale tra la valle del Bidente e quella del Rabbi, è stato il ricordo a farla da padrone. Il ricordo di scuola in particolare.

Il viaggio a ritroso tra le memori degli escursionisti è partito in una seconda ragioneria di quasi vent’anni fa. Alberto M. – raccontano i suoi vecchi compagni di classe – sostenne allora in un’interrogazione di storia che Plinio il Vecchio, il celebre naturalista latino, fosse morto assiderato sotto l’eruzione del Vesuvio. Chissà se Plinio, morto in realtà a causa dell’asma, rise a quella risposta. Certo è che non lo fece l’insegnate che a fine anno fece bocciare l’allievo. Fu un brutto schiaffo per il giovane Alberto che però reagì prendendo a calci il pallone, su su fino al Napoli di Maradona e Ciro Ferrara.

Senza un epilogo così glorioso fu invece il difficile percorso da obiettore di coscienza di un geometra della bassa forlivese. Il suo percorso fu travagliato dall’inizio. La posta non gli recapitò la comunicazione di inizio servizio e i carabinieri giunsero puntuali a casa sua per portarlo in caserma e chiedere lumi sull’accaduto. Nulla più che un accertamento di routine. Sfortunatamente, però, una comare alla finestra diffuse la notizia del suo presunto arresto prima che l’interessato potesse tornare a smentirla. E, nelle piccole comunità, si sa, le etichette sono più appiccicose che altrove. E, chissà, le malelingue contribuirono con le loro maledizioni a portare il geometra in un posto difficile come la casa di riposo del cesenate dove pochi giorni dopo approdò. Fu lì, ancora adolescente, che realizzò per la prima volta che le persone invecchiavano e che ai colpi del tempo qualcuno aggiungeva anche i propri. Vide tutto il giorno in cui un’anziana signora malata di Parkinson fu bloccata con le mani e la bocca sporche del pongo utilizzato per il Gesù bambino del presepe. E ascoltò tutto, quando l’infermiera reagì all’emergenza chiedendo alla sua superiore: “Ma ora che ha mangiato Gesù, gliela devo dare lo stesso la merenda?”.

lunedì, ottobre 01, 2007

Loop informativo: dal blog a Radio2 e ritorno

La ragazza ha parlato al ragazzo del blog dell’amico. La ragazza ha poi parlato all’amico del programma del ragazzo. La sua idea era di far parlare nel programma del ragazzo del blog dell’amico. Ciò è avvenuto: il ragazzo ha intervistato nel suo programma l’amico della ragazza facendogli domande sul blog che scriveva. Ora completo il ciclo, collegando da qui il file audio del programma dell’amico dove abbiamo parlato di questo blog. Insomma, per usare frasi tecniche, un ottimo esempio di loop informativo tra personal media e broadcaster.

Buon ascolto di Versione Beta andato in onda su Radio 2 sabato 29 settembre a partire dalle 10.30
(l'intervista è pochi istanti dopo la sigla iniziale):