venerdì, settembre 21, 2007

Contributi? Volerli versare non è sufficiente

"Non è difficile guadagnare soldi" disse.
"Ma guadagnare dedicandosi a qualcosa di utile".
(Carlo L. Zafon - L'ombra del vento)


Mi dispiace un po’ affrontare l’argomento. Mi dispiace un po’ aver trascorso sei mesi in Australia parlando solo di persone e tornare in Italia e finire a scrivere di fisco. E’ una materia che odio e che tralascerei sempre. Però il destino mi ha sottoposto una piccola serie di sventure, che mi è troppo “divertente” per essere taciuta, soprattutto perché la serie non è poi così corta.
I fatti sono questi.

Per ricondurre a un’unica modalità di pagamento tutte le sue collaborazioni, il piccolo giornalista apre la sua attività autonoma con partita Iva nel gennaio del 2006. All’epoca non è ancora iscritto all’ordine dei giornalisti e la sua cassa previdenziale diventa dunque la gestione separata dell’Inps. La sua situazione cambia dopo circa sette mesi, precisamente il 22 luglio, quando il suo nome viene aggiunto all’elenco dei pubblicisti dell’ordine di Bologna. Il piccolo professionista adempie alle spese burocratiche per la pratica, ma trascura un particolare relativo alla sua posizione contributiva: ignora che, stante il suo nuovo statuto, da quel giorno in avanti per lui vige l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inpgi, ovvero la cassa previdenziale dei soli giornalisti.

L’errore rimane nell’ombra a lungo. Non succede nulla negli ultimi mesi del 2006, mentre il giornalista prosegue la sua attività nel bolognese, né nel 2007 quando lo stesso trascorre un lungo periodo in Australia. L’errore rimane nascosto anche nel luglio 2007, quando il commercialista effettua, a termini di legge, la dichiarazione dei redditi relativi all’anno precedente. I contributi vengono calcolati secondo le aliquote Inps e, proprio a questa cassa, il 18 luglio il commercialista versa la prima rata delle tre in cui si era deciso di scindere il pagamento per meglio fronteggiare la spesa (ingente).

Un paio di settimane dopo quella data il giornalista rimette piede in patria e, scorrendo la corrispondenza del semestre precedente, nota una missiva dell’associazione stampa italiana che gli ricorda, stante la sua iscrizione all’ordine, l’obbligo del versamento dei contributi provenienti da attività giornalistica alla gestione separata dell’Inpgi. Il giornalista fiuta l’omissione, telefona alla sede romana del proprio istituto di previdenza sociale, dal quale arriva la conferma che i contributi maturati successivamente all’iscrizione dell’ordine devono effettivamente andare all’Inpgi. La telefonata avviene nei primi giorni d’agosto: per il giornalista inadempiente sembra che tutto si possa risolvere agilmente avviando la pratica di iscrizione all’Inpgi, versando in tale cassa i contributi per il periodo luglio-dicembre 2007, e richiedendo successivamente il rimborso dei contributi in eccesso versati all’Inps. L’unico inconveniente sembra sul momento una mora sull’acconto dell’anno precedente non pagato all’Inpgi a causa della mancata iscrizione.

In realtà però la situazione non è così semplice. Il commercialista di rientro a Bologna fa notare che la dichiarazione dei redditi è unica e che l’iscrizione a una cassa professionale comporta solitamente la cancellazione dalla gestione separata dell’Inps. Il giornalista si reca allora all’Inps per sottoporre la questione, naviga attraverso tre sportelli e alla fine arriva all’ufficiale preposto. Questi parla anche direttamente con il commercialista, che a sua volta si informa con l’Inps di Bologna, e tutti insieme concludono che l’Inps non ne deve più sapere nulla. Il giornalista, che nel frattempo si è iscritto alla sua nuova cassa, chiama la stessa per un paio di delucidazioni in merito alla compilazione del modulo per la dichiarazione dei redditi. Ottiene le sue risposte e alla fine conclude affermando che presto invierà il modulo in questione con tutti i redditi del 2006, come concordato con l’Inps. La risposta è un’accusa malcelata di infermità mentale. La signorina al telefono, che può parlare solo con me e non con il mio fiscalista (perché?), mi dice che l’Inpgi è tenuta a ricevere soli i contributi relativi ai redditi maturati successivamente alla mia iscrizione.

E’ l’impasse. Il giornalista, ormai alterato, chiama di nuovo il suo commercialista, che rimane basito a sua volta. Il commercialista si offre di chiedere informazioni ad altri colleghi e dà al giornalista il numero dell’Inps di Bologna per un ulteriore accertamento. Il giornalista si improvvisa a sua volta fiscalista, chiama l’Inps di Bologna e spiega, cercando di essere chiaro e sintetico, la sua situazione. L’ufficiale dall’altra parte della cornetta avvalla questa volta la volontà Inpgi. Se loro vogliono solo i mesi successivi all’iscrizione, loro devono avere quelli e solo quelli; i precedenti rimangono all’Inps. L’ufficiale mi dice che chi mi cura la dichiarazione dei redditi si deve limitare a scindere il reddito in due righe: una con il reddito del primo semestre, l’altro con il reddito del secondo semestre. Al primo valore corrisponderà un F24 per il versamento dei contributi all’Inps, al secondo invece un F24 per il versamento dei contributi all’Inpgi. L’ufficiale, sentendo il mio smarrimento di fronte alla proliferazione dei moduli, mi consola dicendo che, in caso di iscrizione a doppia cassa, l’Inps applica una tariffa agevolata.

Il commercialista, sentendo il mio resoconto, mi ripete che la cosa gli continua ad apparire strana, perché, spiega, il modello unico non prevede distinzioni interne al lavoro autonomo. Però ammette di poter procedere in tale senso se quello è ciò che ritengo giusto. Siccome quello sembra l’unico modo per soddisfare l’Inpgi senza evadere i sei mesi precedenti, la risposta è “sì”. Ovviamente senza certezza di essere nel giusto.
Ma non è finita qui.

Mentre il giornalista è al telefono con l’Inpgi e l’Inps, la banca lo contatta con urgenza per segnalargli di aver bloccato i pagamenti delle due rate contributive spettanti all’Inps. I pagamenti erano infatti andati avanti regolarmente perché contenevano anche l’Irpef, comunque obbligatoria a prescindere dalla cassa di appartenenza. La ragione dello stop è una discordanza tra il mio codice fiscale in loro possesso e il mio codice fiscale inserito nel modulo F24 elettronico. L’errore in effetti sussiste. Chiamo quindi il commercialista per comunicargli l’avvenuto e invitarlo a ripetere la procedura. Il commercialista ravvede l’errore, ma mi fa notare che lo stesso codice fiscale errato era anche nel pagamento effettuato il 18 luglio. Chiamo allora la banca per sapere perché in quell’occasione il pagamento era stato avvallato e la risposta, dopo un’attesa di circa trenta minuti, è la seguente: un errore della macchina.
Sorrido. Sfighe ben più assurde capitate ad amici mi dicono che in fondo non è nulla di grave.

Comunque, in attesa di capire se la quelle Inpgi/Inps è al termine, la mia situazione risulta la seguente. Il mio primo versamento effettuato all’Inps (forse erroneamente) il 18 luglio è partito dal mio controcorrente, ma all’Inps non risulta a causa del codice fiscale errato, che ora il commercialista dovrà cambiare recandosi direttamente all’agenzia delle entrate. Quanto alle altre due rate (forse sbagliate), a causa dell’invio ritardato, sono partite dal mio controcorrente rincarate con mora. Insomma, niente è sicuramente giusto.

Ciò che rende divertente tutto questo è l’ammontare di soldi spesi in telefono, il tempo perso e le migliaia di euro versate senza alcuna certezza. A fronte di un errore mio, direte certo voi, ma solo fino a un certo punto ho invece capito io. Il conflitto tra Inps e Inpgi, infatti, che è la questione più annosa e che nel mio caso si è presentato per una ragione temporale (dilazione tra inizio attività e iscrizione ordine), si verifica anche ogni volta in cui un’attività non giornalistica si affianca a quella giornalistica. Ovvero spesso. Se per esempio uno opera da guida turistica o da muratore, l’Inpgi non vuole sapere nulla dei contribuiti derivanti da prestazioni non giornalistiche, richiedendo di nuovo, alla faccia dei principi di aggregazione che di solito regolano le casse, la scissione dei redditi da lavoro autonomi. Insomma, a chi ha la gestione separata dell’Inpgi di mezzo tocca quasi per forza l’iscrizione a una doppia cassa.

Considerazioni:

1) Al momento della pensione, tutti i contributi versati vengono aggregati in un’unica cassa. Perché allora tutta questa importanza nel versare i contributi da una parte e dall’altra?
2)Perché esistono le casse professionali (legate agli altrettanto inutili ordini)? Non sarebbe tutto più snello con un’unica cassa e la sola distinzione fondo per lavoratori dipendenti e fondo per lavoratori autonomi. Accade in Australia e anche in Algeria (cazzo, anche lì!).
3) A chi fatturo il tempo perso, i soldi spesi per il telefono e le more dovute a un regolamento ignoto anche agli addetti ai lavori?

Dopo aver ironizzato per molte righe sulla normativa fiscale italiana, mi dispiace ancora di più affrontare l’argomento. Mi dispiace cioè ricordare che, prima di lasciare l’Australia, ho effettuato online (da solo, senza commercialista) la richiesta per la restituzione dei contributi lì versati e, dopo due settimane, ho ricevuto indietro i soldi. Vorrei sottolineare questo punto: là non è stato facile versare i contributi, ma addirittura è stato facile riaverli indietro.

L’anno prossimo tenterò di evadere tutto. Non dovrebbe essere più difficile, né molto più costoso in caso di “sgamatura” di quanto lo sia stato la regolare dichiarazione di quest’anno.

martedì, settembre 04, 2007

La pace attorno al dolce

Bocconi“Non ne sono sicuro” disse qualcuno con la saggezza delle canizie sulle tempie mentre guardava il banchetto nella piazza di Bocconi. Motociclisti senza fretta, escursionisti a piedi scalzi e signore con la gonna sotto le ginocchia mangiavano in piazza ciò che rimaneva della festa del giorno prima. Era stata baracca grossa, perché il Comune aveva reso omaggio alla bandiera arancione per la qualità della vita che il Touring Club Italiano gli aveva conferito poco prima.

“Non ne sono sicuro - ripeté in romagnolo il vecchietto con le canizie di fronte al quieto intreccio di quelle diverse tribù del tempo libero – ma secondo me, quando scoppiano le guerre, dovrebbero mettere un tavolo come questo al centro del campo di battaglia. Al dolce si fermerebbero già per fare la pace”.

Forse no, ma come disse qualcun altro, quel giorno la manna del cielo quel giorno era comunque caduta a Bocconi.