lunedì, gennaio 29, 2007

Nove chilometri di bush metropolitano e un "salame" che morsa

"Ci sono animali pericolosi anche nelle periferie di Sydney?", ho chiesto ad Alistar.
"Perche' cosa hai visto?"
"Boh - ho spiegato con il mio inglese latino - ieri ho percorso i 9 Km della Manly scenic walk, su nel nord della baia, e a un certo punto sulla mia destra ho visto una specie di rettile che camminava tranquillo al mio fianco. Cioe', tranquillo era lui. Sara' stato mezzo metro, grosso come un salame e, mentre lo scorrevo, sentivo il sangue che rallentava nelle vene".
"Don't worry man! Se era piu' o meno grosso come un braccio, non ti poteva fare niente. Quelli danno giusto morsi molto dolorosi".

Alistar rideva. Io meno. Non e' carino dover passare la propria domenica in compagnia di una lucertola grossa come un salame e capace di dare morsi molto dolorosi. Comunque, lucertola e presa per il culo a parte, la costa di Manly e' un angolo di bush a 20 minuti di traghetto dall'Opera house. Oltre che per la sua spiaggia oceanica, che ho ovviamente ignorato, la localita' e' nota per i suoi nove Km di costa selvaggia. A tratti vi domina una roccia rossa, arcigna e porosa che si eleva a strapiombo sul mare. A tratti si aprono invece larghe insenature di sabbia bianca e porosa. E a tratti, infine, il bush predomina e il sentiero si riduce a un piccolo e bollente cunicolo in mezzo ad arbusti di un paio di metri e ragnatele su cui ho evitato di soffermarmi.

Il centro di Sydney con la sua movimentata Skyline e' sempre a portata di mano: ben visibile al mattino e bruciato dal sole al pomeriggio. Ma Manly non sembra certo un quartiere metropolitano quale invece e'. Sulla terraferma ci sono bungalows somiglianti a case vacanza per coppie in luna di miele. E in mare c'e' un mondo in barca a vela a meta' tra l'hippy e il vip. Piccoli houseboat galleggiano nelle insenature verdeggianti cullando ospiti rigorosamente a piedi scalzi. E poco piu' al largo un jet boat fa la spola tra gli yaght per portare birre fresche e gelati ai ricconi di turno.

Lunedi' ho visto la futura dimora di uno di quei ricconi. Dopo una mattinata trascorsa nello scantinato di una scapigliata famiglia greca (ottimo il caffe' turco che mi hanno offerto), il pomeriggio mi ha riservato un trasloco sui generis. La casa era in mano ad alcuni designer che, dopo averla rilevata, la stavano approntando per rivenderla ai facoltosi patiti degli ultimi trend d'arredamento. La mia curiosita' era schiacciata da qualche quintale di mobili in legno massiccio, ma sono lo stesso riuscito a contare quattro camere da letto, tre salotti, cucina e giardino.

A fine pomeriggio, mentre le mie braccia lottavano invano contro la gravita', ho umilmente chiesto ad Alistair quanto poteva costare una casetta simile. "Two point three millions", ha docilmente risposto lui tra la telefonata n. 147 e la 148 della giornata. Due milioni di dollari e passa. Pace, per ora non me la posso permettere. Mi accontento della parentesi di dolcezza quotidiana con la mia compagna di stanza irlandese. Non ci vediamo quasi mai perche' io lavoro di giorno e lei di notte come baby sitter. Ma da tre giorni, all'alba, ci incrociamo a colazione e ogni volta, mentre mi allunga uno dei suoi biscottini, mi fa complimenti a fin di bene per il mio inglese.

sabato, gennaio 27, 2007

The man that built Australia

Napoli o Sydney, siamo sempre li'. La burocrazia ha i suoi tempi. Del mio bancomat australiano nessuna traccia. Risultato: non posso ancora prenotare il mio viaggetto di 1000 Km in direzione sud ovest verso il minuscolo villaggio di Cobram, dove avrei voluto iniziare il mio harvest trail.

Un po' sbuffacchioso mi sono allora avvicinato alla receptionist serale dell'ostello: carina, simpatica, jeans attillato, capello ricciolo sbarazzino e occhietto azzurro.
"Do you have any casual job fo the next few days? Well, I am supposed to stay here longer than I thought. You know, my Atm is not arrived yet".
"Yeah", risponde lei gorgogliosa come una cascata a primavera (prima del cambiamento climatico, intendo...). "Call Alistair. He is looking for a worker!".

Alistair e' una specie di top Big Jim manager. Gira in short, canotta e scarpe da jogging. Pero' con i suoi duecento Kg presunti di body builder non muove una foglia. Solo il suo telefono, da boss. Ne ha ben tre che squillano continuamente. E poi, sempre da boss, detta gli ordini. "Our task today is to end all it up before three pm".

Cio' che era da finire prima delle 3 del pomeriggio era il trasloco di un enorme ufficio universitario, situato al quinto piano di un centralissimo grattacielo. Avro' arrotolato nelle coperte almeno 100 monitor dalle 8 del mattino alle 3 del pomeriggio appunto. "Oh, you are a really tough fit man", mi diceva il portiere cazzeggiando di fronte al ventilatore con la sua fottuta coca cola, che non mi ha neppure offerto! Il tipo mi ha ricordato molto il bidello del rettorato. Stessa corporatura, stesso stile di cazzeggio professionistico e, seppur strano, stessa cadenza nel parlare.

Vedro' i miei primi australian buks guadagnati il prossimo martedi' dopo altri due giorni di lavoro, su e giu' per i piu' impervi grattacieli di Sydney. Dovrei raggranellare una discreta sommetta, dato che per questo umile lavoro pagano 15$ l'ora puliti puliti.

Per ora mi godo il mio pomeriggio da "man that built Australia". Sono apppena uscito da un camion condiviso con tre operai alcolizzati e sudati: un neo zelandese, un asutraliano e un inglese. Ho passato la giornata a decriptare i peggiori accenti da bettola (infruttuosamente). E ora sono sdraiato sulla moquette dell'ostello sgranocchiando un wurster crudo e sorseggiando una bottiglia appena uscita dal frigo.

So cool or so hard?

La ruota panoramica del Luna Park porta i turisti su in alto: trenta o quaranta metri forse. La ruota gira piano nella parte nord della baiai di Sydney. Ha la dimensione giusta per fungere da bullone nel caso qualche vita dell'Harbour bridge dovesse cedere ai colpi della ruggine.

E il ponte non e' l'unica cosa enorme in questa enorme metropoli. La parte piu' difficile nel raggiungere un posto viene dopo averlo raggiunto. Quando entri in un palazzo comincia il mondo vero. Cercando l'ufficio del servizio sanitario, per esempio, ho attraversato una sala massaggio, sono svicolato tra le bancarelle di un mercato indefinibile e ho fatto irruzione tra una serie di signore molto british intente nel the' del pomeriggio. Tutto dopo essermi perso tra sei ascensori e qualche decina di scale mobili.

Comunque tutta questa roba a circa 17.300 Km da casa e' tutto sommato rilassante. Non e' che tu ci possa fare molto, diciamo, oltre a bere un caffe', mangiare un wurstel e aprire un conto in banca. Quindi fai tutte queste cose, le uniche a portata di mano, e nell'attesa che si compiano valuti il da farsi.

La scelta piu' cool e' Sydney. In questi giorni ci convergono tutti: gli australiani, che festeggiano la loro festa nazionale, e i backpackers, che migrano da ostello a ostello alla ricerca della birra piu' cheap. E' un po' come una Rimini di 4 milioni di persone, con onde piu' alte, vento oceanico, metropolitana e traghetti.

La scelta piu' hard e' invece l'harvest trail. Ovvero, immergersi nell'interno per circa 1500 Km e raggiungere una dimenticata landa australe dove poche anime bestemmiano raccogliendo frutta a 40 gradi di temperatura.

In attesa che la burocrazia si compia, sono nel frattempo attorniato da un inaspettato stuolo di tedeschi e tedesche. "Siamo quasi vicini", dicono insolitamente allegri. In effetti, tornando ai 17.300 Km di prima, Sydney e' il primo luogo che mi ha fatto sentire europeo. Da cosi' lontano il continente appare piccoletto e unito da un unico vacillante inglese da bettola.

Ora torno a me. Per digerire lo spavento generato dalla simpatica colonia di enormi pipistrelli che popola il giardino botanico di Sydney, un tedesco mi ha offerto del gun. Sa di prosecco ma e' fatto di pesce. Strambo. Il suo nome deriva dal linguaggio aborigeno e significa cuscino. Questo perche' la sua confezione, una specie di sacca in alluminio, una volta vuota si puo' gonfiare e diventare cuscino. Un'utile giaciglio per il dopo sbornza dicono qui.

Lo bevo, ma un po' schifo fa.

sabato, gennaio 20, 2007

Il fuggitivo che divenne inseguitore

“Si nasce e si muore soli.
Certo in mezzo c’è un bel traffico.”
(Paolo Conte)


“Si è fatto un uomo”, ha biascicato lo zio di mia mamma riconoscendomi dopo lungo tempo e dopo tanti suggerimenti
. Non mi vedeva da due anni, anche se non si era mai mosso dal letto dove l’ha bloccato un ictus. Ho dovuto scegliere di partire per l’Australia per convincermi a farci visita.

Questo mi ricorda un saggio di Sacks studiato al secondo anno di università. Parlava delle cause sociali del suicidio e sosteneva che una delle ragioni del gesto era capire chi sarebbe venuto al funerale, fare una cernita di chi ti era vicino. In questo senso partire è un po’ come morire. La tua vecchia vita pulsa come mai prima nei giorni che ti separano da un lungo viaggio. Il futuro è talmente a forma di punto di domanda che non provi neppure a cercargli una risposta. Ti concentri allora tutto sul passato che invece è più docile che mai e tu, finalmente, docile verso di lui. Lo guardi un po’ e lo rimetti tutto a posto. Stampi le foto per portare su carta, vicino ai vecchi volti in bianco e nero, anche la generazione digitale. Spendi un pomeriggio tra chi non c’è più per riascoltare le storie che ti hanno fatto nascere. Ti fermi un pomeriggio al capezzale di chi ti ha visto crescere. Rubi l’ultimo bacio di una storia nata con gli abbracci contati. Copi tutto su carta e su dvd per scongiurare l’imprevisto. E ti godi un applauso e un saluto che ti attraversano dentro come se tu fossi un immortale che si ricarica dell’energia del vecchio nemico.

Se tutto andrà bene, riguarderò questi giorni un po’ impacciati, come riguardo ora il bambinetto che voleva dormire nella camera dei genitori, il ragazzetto che non trovava via Zamboni a Bologna, il fuori sede che bruciava i sofficini e lo studentello che non riusciva a capire del tutto perché doveva imparare a usare la posta elettronica.

Tra allora e oggi, però, c’è forse una piccola differenza. Allora erano i cambiamenti a cercare me. Oggi, invece, sono io a cercare loro.

domenica, gennaio 07, 2007

Allunaggio a Rio Petroso

Ci si potrebbe anche girare l’allunaggio. L’allunaggio a Rio Petroso”, riflette Edo. “Del resto, se hanno già ambientato i western in Sardegna, si può fare anche questo”.

La considerazione accompagna uno degli ultimi tratti del circuito Ca’ di Veroli-Rio Petroso-Ca’ di Veroli. L’itinerario è descritto “A piedi in Emilia Romagna”, piccolo vademecum escursionistico della regione, come uno dei più aridi della regione. E’ pieno di tratti scoperti, di marne e argille che riflettono il sole sconsigliandolo nei periodi più caldi.

Gli affioramenti sono particolarmente evidenti nel tratto di Crinale vicino ai ruderi di Rio Petroso, quello immortalato dalle foto qui sotto. Lungo il sentiero, a tratti anche molto stretto, domina invece un paesaggio lunare. Cumuli di rocce friabili che disegnano rotondeggianti geometrie a metà tra il set hollywoodiano e l’allunaggio.

I calanchi di Rio Petroso
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I calanchi di Rio Petroso

giovedì, gennaio 04, 2007

La mano ottantenne di un cacciatore che continua a cercare la passione

Mancano pochi giorni al Natale. I nipoti portano i loro auguri ai vecchi zii, quelli che li ospitavano al tempo della scuola. La casa è sempre quella, da anni. Stessi muri ingialliti, stessa piccola televisione con l’antenna, stesso fornellino a tre fuochi, stessa sedia in vimini con coperta per le serate più fredde. E’ lo stesso anche il telefono che suona dal corridoio che porta alle camere e al salottino. E’ grigio, di quelli con la ruota per comporre il numero. La zia alza la cornetta e arrivano brutte notizie. Il fratello del marito sta male. Ha 82 anni e il suo cancro è alla fine. “Sta morendo”, spiega rientrando in cucina.
“Cercava tuo fratello”, dice poi al marito che di anni ne ha 84 e a sua volta non sta troppo bene. “Non l’ha trovato”. “Al so mè – aggiunge rancorosa - l’è tota cuipa ed cla troieatta”.
“Che troietta, scusa?”, chiedono i nipoti tra il divertito e lo sbigottito.
“Ma come, non lo sapete?”, prosegue la zia, mentre il marito scuote la testa. “Il suo fratello è da due anni che ha perso la testa. O pé un bordell, che sgrazié. Non vede più nessuno: i figli, i nipoti”.
“Pensa – prosegue lo zio – che va caccia. Ci va spesso, è anche uno dei responsabili della riserva di Dovadola. Beh, quest’anno ha preso due caprioli. Sat pens tè, c’ho mepa fat avdé un zaimpett?!. Tot a lé ol porta”.
“Ma quanti anni ha, scusa”, chiedono ancora più sorpresi i nipoti.
“88”, risponde la zia. “Ma vedessi, non gliene dai neppure 60. Ohhh, tu l’avdess!”
“E lei?”
“Mah, ha più di 80 anni anche a lei. Ahhh, la vedessi anche lei. E’ bella, sembra che non abbia neanche 60 anni pure lei”.
“Va beh, ma allora…”
“Allora de ché – interrompe subito lo zio -, ma in duv o vo andé che sgrazié. O farà con e Viagra. Ma t’al set quest chè què? Una mia amica era amica di una delle donne del circolo dei cacciatori. Si confidavano. Lo sai cosa mi ha raccontato? Eh? Che ci metteva quattro ore a metterlo in moto...”.
“Ma lo sai – aggiunge poi la zia – che gli ha anche regalato un collier di diamanti. Voleva che ci andassi io a sceglierlo. Io non ho voluto. Ohhhh. Ma poi si vede che c’è andato con una sua amica. Lo ha comprato alla fine. Che sgrazié! Ha i figli, ha i nipoti, non si sa mai...”.
“Va beh, zia – dice uno dei nipoti – ma a 88 anni cosa deve sapere ancora?”
“Ma t’al set quest chè què?”, chiede allora di nuovo lo zio.
“Pino, sta zet”, dice la zia.
“Bianca, purina, lasà c’ha degga”.
Gli arrivano uno, due, tre ceffoni. Poi di nuovo un “Pino”. Ma Pino, voce bassa, sorrisetto malizioso e mani da oratore prosegue.
“Ohhooohhh”, lo interrompe una volta ancora la zia.
Ma Pino prosegue.
“Lei va a ballare due o tre sere a settimana”, comincia.
“Ma non ha 80 anni?”, chiedono i nipoti.
“C’la troieattta”, ripete la zia.
“Beh – torna a parlare Pino – lui la aspetta sveglio. Poi quando arriva le infila una mano tra le gambe. Vuole sentire che non sia bagnata, per assicurarsi che non sia andata con un altro uomo”.