giovedì, giugno 22, 2006

Voci da Algeri 4
Ministra Toumi: “Il dialogo dell’Occidente con il resto del mondo è un monologo”

Khalida ToumiNon tutti gli algerini la amano. Vecchie compagne di militanza e vecchi compagni di partito usano nei suoi confronti toni sarcastici: “Cosa ha combinato questa volta la rossa?”, chiedono. La accusano di aver tradito le lotte femministe e democratiche per compromettersi con un potere illiberale e conservatore. Però parlano di lei. Lei, Khalida Toumi, Ministra della cultura algerina dal 2002, è infatti una figura nota, popolare, un soggetto politico al centro di molte frasi, sulla stampa, nei salotti della cultura e nelle conversazioni informali. La conoscono anche i bambini: mentre rincorrono un pallone su una piazza che domina la baia di Algeri, riconoscono un profilo familiare e subito chiedono se quel profilo è la loro Ministra (uazira).

E lei ricambia l’attenzione offrendosi spesso al pubblico. E’ da poco rientrata da Annaba, all’estremo est del paese, dove ha festeggiato l’apertura di strutture di accoglienza per le vecchie combattenti della guerra di liberazione con il Ministro dei mujahiddin, è presente a molte iniziative settoriali in giro per le diverse regioni del paese, partecipa ad emissioni televisive e radiofoniche nazionali. E, mentre ci parla, si interrompe per rispondere a una telefonata del Ministro dell’educazione in merito ad alcune iniziative congiunte per avvicinare i bambini ai libri e alla lettura, compreso un nuovo premio riservato al miglior piccolo lettore.

Panoramica di Algeri dalla Scuola di Belle ArtiCome Ministra della cultura le sue attenzioni sono calamitate da alcune emergenze del settore, tra i più colpiti dal decennio del terrorismo: in centro città è ancora coperto di polvere il palazzo che dovrebbe ospitare nel 2007 il primo museo algerino d'arte moderna e contemporanea; poco lontano, nella Scuola di Belle Arti, resta da sanare una difficile frattura tra studenti, docenti e amministrazione. Come per rispondere ai suoi detrattori, le sue riflessioni vanno però ad altre questioni: prima fra tutte, la distinzione tra laicità e femminismo. “Essere laici – dice – non significa automaticamente difendere i diritti delle donne”.

“Ne sono convinta per evidenza storica – spiega la Ministra Toumi-. Ad esempio la vostra storia, la storia dell’Europa, è ricca di rivendicazioni a carattere laico che hanno avvallato e praticato l’oppressione delle donne. Il caso più evidente è la rivoluzione francese. I rivoluzionari negarono violentemente l’accesso al potere politico alle donne, che pure avevano partecipato alla rivoluzione. Olimpia De Gouges redasse la “dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” (luglio 1790) ispirandosi alla “dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789, scrisse che se la donna ha il diritto di salire sulla forca deve avere anche quello di salire alla tribuna: fu ghigliottinata due anni dopo. Le donne potevano dunque essere combattenti della rivoluzione, ma non cittadine della Repubblica. Non fu che l’inizio di più di un secolo di soprusi perpetrati dai laici ai danni delle donne, perché anche quando la Francia varò la famosa riforma di una scuola laica, nel 1905, i diritti di cittadinanza delle donne tardarono molto a essere riconosciuti; esse ottennero il diritto di voto solo nel 1944, dopo aspre polemiche.

Sono poi convinta che laicismo e femminismo procedano su binari indipendenti per quanto è accaduto nella storia della nostra religione. All’origine dell’Islam, le donne hanno avuto un trattamento eccezionale. Aicha, una delle mogli del profeta, è stata protagonista di un’incessante battaglia per l’accesso delle donne alle sfere più alte del potere. Quando l’Europa viveva i suoi “secoli bui”, Aicha guidava un esercito”. La ricercatrice e scrittrice marocchina Fatima Mernissi ha molto ben documentato e raccontato, a mio parere, il ruolo politico di primo piano delle donne all’inizio dell’Islam.

A partire da questa solida convinzione che la storia della liberazione delle donne sia distinta dalla lotta per la laicità, che obiettivi si è posti una volta giunta ai vertici politici dell’Algeria?
“Mi sono chiesta cosa potevo fare per migliorare la condizione delle donne. Di fronte avevo il codice della famiglia da riformare e due opzioni tra cui scegliere. La prima era la rivendicazione di una legge civile, senza alcun compromesso. Se avessi perseverato in quel senso, sarei stata una donna che tradiva le altre donne in omaggio a un partito laico. Ho così scelto di stare dalla parte delle donne e di vedere quello che potevo fare per loro in questa congiuntura storica, mettendo in second’ordine le esigenze del partito laico, perché – sia chiaro – io non sono la donna di servizio di nessun partito laico”.

Il risultato?
“Le trasformazioni a cui ho contribuito in questi anni rimangono confinate all’interno di un codice a ispirazione religiosa, di un codice ispirato all’Islam, ma la condizione della donna è migliorata. Il codice della famiglia e il codice della nazionalità adottati nel marzo 2005 sono molto lontani da quelli in vigore prima. Oggi non è più consentito buttare una donna per strada dopo il divorzio. Oggi le madri hanno potestà sui figli allo stesso titolo dei padri. L’obbligo di obbedienza al marito è stato soppresso, marito e moglie hanno gli stessi obblighi reciproci. La poligamia è diventata praticamente impossibile. Il codice della nazionalità è stato rivoluzionato, è riconosciuta la nazionalità algerina d’origine per filiazione materna in caso di unione con non algerini e, d’altra parte, è possibile acquisire la nazionalità in seguito a matrimonio sia con un algerino che con un’algerina.”

Scendendo a compromessi con la politica per tutelare i diritti delle donne ha dovuto moderare i toni e smussare le sue posizioni rispetto alla stagione di militanza?
“Sono stata militante per difendere più di un’idea. Ho militato per la democrazia, un sistema di governo, il migliore al momento, ma anche molto fragile, come ben sapete voi italiani. Ho militato per i diritti delle donne. Ho militato per cambiare il sistema educativo. E ho lottato per arginare lo strapotere del mercato e garantire una gestione sociale della scuola, della cultura e della sanità.
Un giorno il partito in cui militavo ha deciso di fare un patto con l’esercito e operare un colpo di stato. Sono stata contraria e sono stata espulsa. Ed ero in questa condizione quando mi è stato proposto l’incarico di Ministra. Sapevo che sarei entrata in un governo misto e che avrei dovuto lottare e soffrire, ma ho preferito il compromesso con il governo per tentare di cambiare le cose alla militanza in un partito laico favorevole al colpo di stato militare e rinchiuso nella sua politica da salotto.
Ora, se mi si chiede se sono riuscita a cambiare le cose, dico di nuovo che la condizione delle donne è migliorata e che, assieme al Ministro dell’educazione che mi ha appena interpellata, sto cercando di portare la cultura nelle scuole e di aprire gli orizzonti dei bambini algerini. Ci vorranno forse vent’anni , ma io ho fiducia nel mio popolo”.

La sua posizione contrasta con lo scetticismo della comunità internazionale che continua a nutrire dubbi sulla democraticità dello Stato algerino e del governo di cui lei fa parte...“Se in qualsiasi governo europeo entrano delle donne, la comunità internazionale applaude per la maturazione del sistema democratico. Se invece una donna entra nel governo di un paese arabo, la comunità internazionale manifesta solo dubbi.
Questa è sintomo di uno strisciante razzismo. E di disprezzo. E’ una concezione del mondo secondo la quale le donne del mondo arabo sarebbero per forza di cose sottomesse. La stessa concezione secondo la quale spetta ad alcuni stati occidentali e ai loro establishment politici, economici e intellettuali decidere della bontà o meno delle scelte e dell’operato del resto del mondo. L’Occidente si arroga il diritto di definire tutto e di distribuire certificati di qualità politica e intellettuale, in una dinamica autoreferenziale che trasforma di fatto il dialogo in monologo. Questo – lo ripeto – si chiama razzismo”.

(version fracaise)

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